SOS Gaia
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Il Ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani non ha risparmiato critiche all'universo della zootecnia e in particolare alle diete basate sul consumo di carne, suscitando una bufera sulle sue dichiarazioni da parte dei produttori.

Pubblichiamo in merito la lettera del Garante Diritti Animali della Regione Piemonte Enrico Moriconi.

 

Le affermazioni del nuovo Ministro Cingolani sull’impatto dell’alimentazione carnea non potevano che suscitare levate di scudi da parte dell’industria della carne e come al solito ai dati di enti ufficiali indipendenti rispondono i diretti interessati, i produttori.

Forse i produttori nostrani dovrebbero rispondere alla Fao che, già dal 2007,  aveva indicato gli allevamenti come responsabili del 18% delle emissioni di gas climalteranti, in particolare il 15% del metano e il 30% del biossido d’azoto, praticamente poco meno della metà dei gas serra che finiscono in atmosfera; consumano un terzo delle terre emerse, quasi il 10% di tutta l’acqua disponibile e l’80% degli antibiotici prodotti. E almeno il 45% dei cereali e del grano prodotti nel mondo servono per mangimi di animali, trasformati in consumatori di cereali e di frumento.

Non dimenticando il costo energetico: per un chilo di carne ne servono 9 di petrolio.
Certamente un risultato è visibile: attualmente sono disponibili 43,7 chilogrammi di carni pro capite all’anno, contro i 35 che sarebbero assolutamente sufficienti. E moltissimi Paesi la mitica carne quasi non la vedono, accaparrata dalla parte ricca della popolazione mondiale.
I numeri sono questi e le eventuali riletture come quelle proposte in contrasto alle dichiarazioni del Ministro sono parziali, molto parziali perché, ad esempio, relativamente agli antibiotici usati negli allevamenti, quali sono i dati che si vogliono considerare, quelli dei consumi dichiarati o quelli degli acquisti non denunciati o ancora le quantità effettivamente prodotte? E come si giustifica la crescita dell’antibiotico resistenza che la stessa Unione Europea denuncia in crescita ricordando il ruolo della zootecnia intensiva?

E che dire delle sempre più frequenti denunce di condizioni insostenibili per gli animali costretti a superproduzioni con spazi continuamente ristretti per soddisfare l’insaziabile domanda di carne a prezzi troppo bassi rispetto al suo valore?
Con una crescita esponenziale della popolazione mondiale, se non si cambierà, più o meno velocemente, il sistema alimentare,  le conseguenze della zootecnia intensiva non potranno più essere smentite a parole ma si faranno vedere con danni sempre più consistenti.

Neppure insegna quello che sta avvenendo in mare, dove lo sfruttamento ha ormai depauperato gli oceani tanto che adesso il 55% del pesce consumato arriva da allevamenti, le cui conseguenze sono deprecabili come e più della zootecnia terrestre.
Se davvero si volesse difendere il comparto agrozootecnico i diretti interessati dovrebbero essere i primi a richiamare al senso di responsabilità tutte le persone e a chiedere a gran voce di abbassare i forsennati consumi di carne per ridare fiato al pianeta.

 
Enrico Moriconi
Medico Veterinario
Garante Diritti Animali Regione Piemonte

 

7 marzo 2021

 

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