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Morgan libero e felice dopo sette mesi di calvarioI casi impossibili di SOS Gaia



Si dice che i gatti abbiano sette vite, ma Morgan, un bellissimo gatto rosso, curioso e pieno di vita, ne ha già perse due a causa della crudeltà umana.

La prima, quando un gruppo di ragazzini (o forse peggio, di adulti) hanno voluto fare un “gioco” crudele legandogli alla vita un cordino in fil di ferro. Morgan era ancora cucciolo e crescendo, il cordino gli ha procurato una profonda ferita che non guariva mai. Per mesi è sopravvissuto di espedienti racimolando il cibo rubandolo di qua e di là nei cortili del paese ma mai osando avvicinarsi a quelli che lui considerava i suoi carnefici, gli esseri umani. Il dolore costante del cordino che, crescendo, straziava il suo corpo togliendogli la vita, lo faceva diffidare di qualsiasi essere umano gli capitasse a tiro.

Ma l’esistenza aveva altri progetti per lui.

In uno dei suoi tentativi di procurarsi un pasto si ritrovò, un giorno, impigliato in un cancelletto e ad ogni tentativo di liberarsi il cordino si stringeva sempre più. Terrorizzato, ma pieno di voglia di vivere e sopravvivere, si dimenava furiosamente. Alle prese con i suoi tentativi di liberarsi non si accorse che tre individui, della razza che popolava i suoi incubi, gli si facevano incontro. Uno dei tre aveva in mano una di quelle anguste gabbie con cui imprigionavano i suoi simili e lentamente ma inesorabilmente si avvicinava sempre più.

Quando li vide il suo terrore crebbe, senza che il suo agitarsi lo facesse liberare dal cordino che stringeva sempre più facendogli emettere suoni mai sentiti. Uno dei tre tentò di afferrarlo ma lui si difendeva strenuamente soffiando, contorcendosi e graffiando. Ma alla fine, complice il dolore crescente, si arrese aspettando l’inevitabile.

I tre riuscirono nell’intento di liberarlo dal cancelletto per poi imprigionarlo nella gabbia dove infine trovò un po’ di pace. Si accorse che in quella gabbia si sentiva protetto, lui non poteva uscire ma neanche loro potevano toccarlo.

Lo portarono via, lontano, con una di quelle grosse scatole rumorose che corrono senza sosta.

Alla fine del viaggio, si ritrovò su un tavolo freddo con altri umani avvolti dentro quei buffi vestiti verdi. Lo presero sicuri e lo manipolarono con fare esperto e uno di loro lo liberò dal cordino, ma Morgan non si rilassò.

A mano a mano che sentiva i discorsi degli umani era sempre più inquieto.

Dicevano che non c’era nulla da fare, la ferita era troppo profonda e la ricostruzione era impossibile. Che si prospettava la possibilità di una soppressione.

Lo aveva udito, anche se il buffo uomo vestito di verde aveva parlato sottovoce e con un certo imbarazzo. Lo aveva udito. Ma aveva udito parlare anche gli umani che lo avevano ingabbiato. Dicevano che doveva per forza esserci un'altra possibilità visto che la ferita, seppur profonda, non aveva toccato organi vitali, che incredibilmente si erano adattati ed erano cresciuti al di là e al di qua della sua strozzatura. A quel tempo di soli 2 cm di diametro.

Sì avete capito bene, il suo giro vita era ridotto allo stremo.

Il veterinario (quello con il buffo vestito verde) su sollecitazione dei suoi liberatori (che per lui iniziavano ad essere un mistero) decise di tentare l’impossibile. Lo medicò e disse che il giorno dopo lo avrebbe operato.

Lui rimase lì un po’ spaurito, capendo che in quel frangente venne spesa la sua seconda vita. Ancora una volta era miracolosamente salvo.

E di questo doveva essere grato a quei tre umani che, inaspettatamente, lo stavano aiutando. Non che si fidasse ancora di loro, ma doveva ammettere che erano stati provvidenziali e capì che la sua vita stava per subire una svolta.

Morgan quando è stato soccorso da SOS Gaia: a causa di un cordino di fil di ferro il suo giro vita era di soli 2 cm. di diametro

Da quel momento in poi iniziò il suo ultimo calvario.

Sette mesi ci vollero, per poter finalmente tornare in libertà. Conobbe altri umani “gentili” che si presero cura di lui. Scoprì che erano tutti amici e volontari di una tribù chiamata SOS Gaia che lo accolse e dove conobbe tanti altri suoi simili.

Dovette superare pazientemente mesi e mesi di cure giornaliere, ricoveri, operazioni chirurgiche, interventi di laser terapia, raschiamenti, lastre e sedazioni. Alle volte si ribellava perché la sua pazienza finiva e lo stress della cattività forzata aumentava. A volte per giorni e giorni lo tenevano nella gabbia fredda del veterinario o, nella maggior parte del tempo, nella stanza che una delle nuove amiche umane aveva messo a disposizione per lui.

Sette mesi di collare e fasciature fastidiose, ma anche di amorevoli cure che aveva imparato ad apprezzare nel corso della degenza.

I suoi nuovi amici (che a volte non sopportava quando lo toccavano e lo manipolavano per cambiare la fasciatura e fare le medicazioni) lo venivano a trovare spesso dandosi il cambio e anche il cibo e l’acqua e un posto caldo dove sonnecchiare erano assicurati. Ogni tanto passavano anche molto tempo con lui chiacchierando o lavorando nella stanza dove lui era ricoverato.

Lui apprezzava quella compagnia.

La ferita sembrava, a fasi alterne, essere guarita, ma quando l’ottimismo era alle porte ecco che di nuovo si lacerava per l’adattarsi alla crescita del suo giro vita.

Poi un giorno all’improvviso, qualcosa cambiò. Vennero a parlargli e gli tolsero la benda. L’odiato bendaggio che per mesi lo aveva irritato, infastidito, accaldato… E tolsero anche quello strano tubo di plastica trasparente che gli impediva i movimenti della testa. Gli fu aperta la porta del balcone che dava sul cortile e loro, i suoi amici, si allontanarono invitandolo ad uscire.

Sulle prime era titubante, poi, quando si rese conto che nessuno era sulla porta ad impedirgli la fuga, prese finalmente coraggio, e uscì. Libero.

Potrei parlarvi di come, dopo un primo momento decise di restare in quello strano cortile, dove gatti e umani erano amici alla pari e dove non c’erano “padroni”.

Oppure come dovette affrontare gli altri gatti del cortile a colpi di urla gattesche e profondi e inquietanti miagolii per trovare il giusto posto nella tribù.

O ancora come fece amicizia con Morpheus il Claudico, il suo nuovo “migliore” amico felino, anche lui uno dei casi impossibili di SOS Gaia, che dovette restare nove mesi chiuso in una stanza con una ingombrante protesi, subendo tre interventi ortopedici a causa di una zampa spappolata da un fucile da caccia.

Potrei continuare con aneddoti e racconti curiosi e commoventi.

Ma questa è un’altra storia.

Quello che voglio fare, invece, per concludere questo racconto, è di raccontarvi l’esperienza di SOS Gaia, la nuova famiglia di Morgan, il gatto dalle cinque vite.

SOS Gaia ha un detto: nessuno sia lasciato indietro… Quando la situazione sembra disperata e tutti paiono arrendersi, SOS Gaia va oltre per trovare una soluzione.

Morgan con Elena, una dei quattro volontari che si sono presi cura di luiGli animali sono nostri amici e fratelli, compagni di questo strano viaggio che è iniziato quando siamo nati. Fanno parte della nostra vita e ad ognuno di questi fratelli si vuole dare dignità e rispetto e tutto l’aiuto di cui ha bisogno. Per questo impegnarsi anche in quei “casi impossibili”, soprattutto per assolvere a questo principio, è indispensabile e doveroso.

Tutto questo ha un costo in termini di impegno personale ed economico e SOS Gaia fa fede solo sulle forze dei suoi aderenti. Tutte le spese, il lavoro e l’impegno sono sostenuti dai volontari e i simpatizzanti.

Morgan ne è un esempio lampante. Salvato da una morte sicura ha richiesto molte risorse economiche per le varie operazioni oltre un impegno costante di quattro persone che lo seguivano giorno e notte per le cure, le medicazioni, le coccole.

Questo è lo spirito di SOS Gaia che affronta ogni giorno casi come quelli di Morgan.

Potrei citarne molti altri, come il caso del cane Bud, un pastore tedesco che ha subìto maltrattamenti e ha sviluppato molte allergie che richiedono cure costanti e una dieta molto costosi in una struttura specializzata senza poter essere adottato per le sue condizioni. Oppure Bruce, il cane paralizzato dalla vita in giù che cammina grazie ad un carrellino e alle cure continue dei volontari che si danno il cambio tre volte al giorno. O il cagnolino Teo che ha alcune malattie che richiedono cure onerose, e molti altri…

SOS Gaia fa molto per gli animali, i più deboli fra i deboli, ma ha bisogno del sostegno economico di simpatizzanti e amici oltre che dell’opera dei volontari.

A questo scopo organizza gli Animal Benefit Day, giornate dedicate alla raccolta di offerte per poter continuare la sua opera. Gli Animal Benefit Day oltre che per dare un sostegno concreto all’azione di SOS Gaia sono un’occasione per stare insieme e respirare aria di fratellanza e condivisione. Tra il mercatino dell’usato e i giochi all’aria aperta, le danze e gli spettacoli, i momenti di riflessione. Per vivere insieme una giornata ricca di emozioni a contatto con la natura. A Dreamland all’interno del Parco della Mandria si respira tutto questo.

 
8 settembre 2014