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Ormai sembra inevitabile: tra pochi giorni sarà reso effettivo il divieto di dar da mangiare ai colombi a una distanza inferiore a 250 metri da ospedali, strutture di ricovero e sanitarie, ambulatori medici, asili nido, scuole per l’infanzia, scuole elementari, aree giochi bimbi.

Praticamente in tutta la città, lasciando fuori solo qualche parco.

Se ne è discusso ieri a Palazzo di Città nella Commissione Ambiente a cui era invitata anche la Consulta Animalista, e la decisione sembra inevitabile nonostante le perplessità di molti consiglieri e la netta opposizione della Consulta.

Tutto ha avuto inizio da un’ordinanza del sindaco Piero Fassino del novembre scorso che restringeva fortemente l’area consentita per l’alimentazione ai colombi, ordinanza in netto contrasto con il regolamento per la tutela degli animali in città. L’ordinanza si basava su un presunto “rischio igienico-sanitario comportato dalla presenza di Campylobacter in grado di produrre malattia anche nell’uomo”. Tuttavia questo “presunto rischio” non è confermato da nessuno studio di settore.

Enrico Moriconi, medico veterinario e dirigente Servizio Sanitario Nazionale, afferma: “Secondo l'EFSA, l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, la campilobatteriosi si trasmette alle persone dalla carne di pollo. Infatti prepara piani annuali di controllo della patologia nei polli, non nei piccioni. Pertanto l'EFSA sostiene che la malattia sia trasmessa con gli alimenti e non tiene in considerazione i colombi, tanto che non prevede piani di controllo nei piccioni.”

Ciononostante la modifica del regolamento tutela animali che si adatterà all’ordinanza sembra inevitabile, anche se già da tempo la Consulta Animalista ha reso nota la sua netta opposizione e senza tener conto della protesta delle associazioni animaliste, alcune delle quali (LAV, SOS Gaia e Lega del Gatto) hanno fatto ricorso al TAR contro il provvedimento.

E’ una decisione che farà discutere e susciterà molte polemiche, soprattutto per il fatto che non esistono motivi concreti per pensare che i colombi siano portatori di malattie. Inoltre, in città sono presenti più specie di uccelli, dai corvi ai passeri, anche i gabbiani sul Po, e tutti possono ospitare il campylobacter, però non si monitorano.

Una riunione della Commissione Consiliare del Comune di Torino dedicata al problema dei colombi a cui ha partecipato la Consulta Animalista

“La coesistenza tra umani e colombi non è un problema da allarme sanitario, ma una problematica di carattere sociale, se si considera che la presenza o meno dei colombi in città è provocata dalle azioni degli esseri umani, ed in particolare dalle caratteristiche degli edifici e dal sistema di smaltimento dei rifiuti e delle altre sostanze alimentari disperse nell’ambiente” ha dichiarato Marco Francone, presidente della Consulta Animalista.

In definitiva, vietare l’alimentazione dei colombi sulla base di un presunto rischio non dimostrato avrà come conseguenza la presenza sul territorio comunale di soggetti denutriti e, quindi, più soggetti ad ammalarsi. Con risultati esattamente opposti a quelli perseguiti.

Torino, dopo essersi fatta notare in tutta Europa per la sua sensibilità verso gli animali introducendo il divieto dei botti di Capodanno, iniziativa presa ad esempio da molte città italiane ed europee, ora subirà una caduta di stile con un provvedimento che la vedrà come una delle poche città italiane dove i colombi non solo non sono amati né tutelati, ma addirittura viene impedito di alimentarli sottoponendoli a rischio di malattie. E creando così un ingiustificato allarmismo verso quelli che dovrebbero essere anch’essi “cittadini animali”, quindi da tutelare. Un pessimo esempio per una città che vanta, prima in Italia, una Consulta Animalista e un regolamento modello per la tutela degli animali.

La Consulta Animalista, organo istituzionale nato proprio a seguito della stesura del regolamento, fa notare l’assurdità del fatto che la prima modifica al Regolamento Tutela Animali venga fatta con il parere contrario della stessa Consulta!

 

5 Luglio 2014